La Sarneghera e la Fanciulla di Monteisola. 

La Sarneghera e la Fanciulla di Monteisola salvata dal pescatore che se ne innamorò.

La Sarneghera Leggenda

Narra l’antica leggenda bresciana della Sarneghera di una fanciulla che viveva, nel maniero di Monteisola, una giovane castellana.

La leggenda de “de la Sarneghera”

Ogni mattino, al sorger del sole, la bellissima fanciulla scendeva fino alla caletta di Sensole, allora deserta e smagliante di grazia naturale.

Si sedeva sulla riva e restava immobile, a lungo, ad ammirare la propria avvenenza che si specchiava nelle limpide acque del lago.

Non di rado rivolgeva la parola alla sua immagine riflessa, per interrogarla sul suo destino.

Un giorno, più interessata del solito a captare la segreta risposta che lo sciabordìo dell’onda sul greto sassoso pareva indirizzarle, si sporse un po’ troppo e scivolò in acqua.

Con tutte le sue forze gridò al soccorso: «Aiuto! Qualcuno mi aiuti!».

Quando già temeva di soccombere ai flutti, ecco sbucare da una vicina macchia boscosa un giovane aitante che, coraggiosamente, si lanciò
nel lago.

Con sapienti bracciate raggiunse la bella castellana, l’afferrò alla vita, le tenne il capo fuor dall’acqua e la trascinò in salvo a riva.

Svenuta più per lo spavento che per il pericolo corso, la fanciulla
rimase immobile sotto l’attento e rapito sguardo del suo salvatore, abbagliato da tanta bellezza.

Al momento di riaprire gli occhi, la bella del lago mosse le labbra
ad un debole sorriso. Flebilmente, mormorò:

«Vi debbo la vita, signore!».

«Non chiamatemi signore – replicò il giovane – non sono che un
povero pescatore».

«Chiunque voi siate vi debbo riconoscenza.

Non ha importanza quel che voi dite di essere: per il generoso gesto vi sarò debitrice tutta la vita».

«Ringraziamo insieme il cielo che m’ha fatto giungere in tempo.

La vostra avvenenza merita una lunga vita».

La fanciulla arrossì per il complimento e ripetè:

«Ma voi, chi siete?».

«Ve l’ho già detto: un pescatore. Ogni giorno vengo fin qui a gettare le reti e a confidare nella buona sorte».

«Dove abitate?».

«Oltre Iseo, a Clusane, sulla strada costiera che conduce a Sarnico».

«Devo riconoscere che è stata una fortuna trovarvi qui al momento opportuno».

A sua volta il giovane, arrossendo impacciato, disse:

«In verità, ogni mattino io spio la vostra presenza. Quando vi vedo
scendere alla spiaggetta, corro a celarmi dietro un boschetto e resto là,
incantato, ad ammirarvi…».

«Sapete chi sono?», domandò colpita la fanciulla.

«La castellana del lago, dice la gente. Io non avrei mai osato avvicinarvi: è stato il caso che l’ha voluto…».

«Ed ora?».

«Ora è troppo tardi per nascondervi che mi sono fortemente invaghito di voi. Scacciatemi, maleditemi, ma non posso mentire o nascondere il sentimento di profonda attrazione che nutro per voi».

A questo punto, la fanciulla si alzò, sospirò e disse con tono desolato:

«Povero giovane, e povera me, giorni difficili ci aspettano».

Non aveva ancora pronunciato l’ultima parola, ed ecco apparire sul poggio che dà sulla riva un cavaliere che, arcigno, gridò:

«Torna subito qui e senza indugio».

La fanciulla s’affrettò ad ubbidire.

Lasciò il giovane, dicendo:

«Mio padre mi ha promessa sposa ad un signore di Franciacorta
che io nemmeno conosco».

«Dunque non potrò più vedervi?».

«Trovatevi qui, domani, alla stessa ora», riuscì ancora a dire la castellana prima di raggiungere il padre.

L’indomani, puntuali, al primo sorgere del sole, i due giovani si incontrarono.

Ma non poterono scambiarsi neppure una semplice effusione: un gruppo d’armati li circondò e li trascinò via a forza.

La fanciulla fu rinchiusa nelle segrete del maniero, con la proibizione di rivedere il giovane; il pescatore, condotto in quel di Sarnico, fu
incatenato in un anfratto a pelo d’acqua e abbandonato a morte sicura.

La leggenda narra ancora che la Fanciulla di Monteisola rifiutò il cibo e deperì in modo tale che il genitore attenuò la sua malvagità ordinando che fosse
liberata a condizione che accettasse di andare in Franciacorta per rimettersi in forze.

«Mai!», protestò la figlia. «Piuttosto la morte!».

«Cosa vuoi, dunque?».

«Rivedere il mio salvatore!».

«E sia!»,  alla fine cedette il perfido padre.

Ma, insieme al permesso di condurre un’ultima volta la figlia alla caletta di Sensole, diede l’ordine di togliere la vita al pescatore.

Nell’istante stesso in cui la bella castellana tornò a riflettere la sua
immagine nelle acque limpide del lago, ecco le onde incresparsi fuiriosamente, il cielo farsi buio, il vento soffiare impetuoso e scatenarsi in un ululato lungo e tormentoso che ferì nel cuore la castellana.

L’infelice, la Fanciulla di Monteisola riconobbe, nell’urlo nero della procella, la voce del suo salvatore e subito fu presa dall’impulso di correre da lui, di raggiungerlo, per morire con lui.

Prima che le guardie potessero intervenire per fermarla, ella si gettò nel lago, gridando:

«Eccomi, amato mio, vengo con te!».

Conosciuta la fine miseranda dei due poveri infelici, la gente del lago, ogni volta che udiva l’ululato tenebroso della “sarneghéra” diceva:

«Arriva la sarneghera, sono i due giovani amanti che si incontrano nel profondo delle
acque torbide del lago».

Fino agli inizi del secolo circolava persino una stornellata che, tra l’altro, cantava:

«Fuor dall’onda quei due infelici
usciranno e baciati dal sole
torneranno a vedersi a Sensole
rifioriti di spenta beltà».

“La Sarneghera.”

Tratto da ” Trenta Leggende Bresciane ” di Lino Monchieri

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